Di tutte le fasi del
ciclo di vita di un essere umano la fase prenatale è la meno considerata.
Il concepito, che non ha voce, è ritenuto ultimo degli ultimi al punto che
l'essere umano adulto si è arrogato il diritto di fare di lui ciò che
desidera, vedi legge sull'aborto.
Non ci si rende conto che la fase prenatale è la più importante della vita
che un essere umano attraversa, perché è determinante per la sua formazione e
perché da questa dipendono tutte le fasi successive.
Il concepito deve cominciare ad essere considerato un essere umano a tutti
gli effetti: non è un oggetto, ma un soggetto di esperienza. E' dotato di un
Io personale, unico, originale e irripetibile, prodotto dall'incontro tra
l'Io maschile (lo spermatozoo) con l'Io femminile (l'ovulo). L' Io personale,
costituito dalla struttura psicogenetica individuale (genoma), rende il
concepito in grado di condizionare la sua crescita ed suo sviluppo, essendo
capace di auto-evolversi e di auto- modificarsi, oltre che di relazionarsi ed
interagire, in particolare con l'ambiente materno, sia esso fisico
(biochimico e metabolico) che psicologico ed esistenziale. Questo Io
personale è dotato di un progetto di vita, che è come una bussola interiore
che orienta il presente e futuro dell'esistenza.
Il concepito non è un essere passivo, come si potrebbe erroneamente pensare,
ma è sensibile e attivo verso l'ambiente nel quale vive, in quanto in lui è
presente la capacità di dare e ricevere, di accettare e rifiutare, quindi di
amare e di odiare.
Se i genitori si aprissero al figlio a partire dal momento del concepimento
infatti, potrebbero sentire interiormente da subito le sue caratteristiche
personali e le influenze che esercita nella loro vita. Queste infatti possono
agevolare oppure ostacolare il loro cammino, allo stesso modo in cui i
genitori influenzano la sua crescita.
Dice J.K. Lavater (1741-1801):
"Se una donna potesse descrivere nel dettaglio tutti gli stati
immaginativi che attraversano la sua anima nel corso della gravidanza ella
potrebbe forse in parte prevedere a quale destino filosofico, morale e
intellettivo va incontro suo figlio."
A partire dal concepimento, la presenza del figlio nei genitori è così viva
da non poter rimanere insensibili o indifferenti ai suoi richiami e bisogni
anzi, ad una certo punto sono chiamati in modo esplicito a fare i conti con
la sua realtà, ed è questa una delle grandi sfide della vita.
Dall'atteggiamento dei genitori (ed in particolare della madre) dipende il
futuro del figlio: i genitori infatti non gli forniscono solo il nutrimento
per crescere o l'ambiente d'esperienza, ma anche la possibilità d'intesa e di
collaborazione per il raggiungimento di obiettivi e mete comuni.
Dall'epigenetica, una nuova disciplina nata dalla genetica, sappiamo che
nelle prime fasi della vita il concepito riceve dei continui imprinting, dati
dai comportamenti, dalle emozioni, dai pensieri e dai valori vissuti dai suoi
genitori, capaci di condizionare il corso della sua esistenza. I buoni
imprinting aiuteranno il figlio a vivere bene e ad affrontare la vita con
serenità, mentre quelli negativi saranno da ostacolo e potranno creare delle
serie difficoltà. L'imprinting evidenzia una modalità di relazione
caratterizzata dall'asimmetria, dove il ruolo attivo è esercitato dall'adulto
e quello passivo dal bambino. Tale asimmetria, se praticata in modo continuo
a senso unico accresce l'isolamento e la negatività, sia nel bambino che
nell'adulto. Questo tipo di relazione è praticata da molti genitori e
insegnanti che, data loro condizione di adulti, sentendosi superiori si
esercitano a criticare i bambini, perché ; partono dall'idea che il rilevare
e il mettere in evidenza i loro limiti costituisca un grande pregio per la
loro educazione. In realtà essi, per vari motivi, si lamentano dei bambini
perché nel fondo del loro cuore non riescono ad accettarli così come sono: li
vorrebbero diversi e rispondenti alle loro esigenze ed aspettative. In questo
caso viene preclusa ogni possibilità di sviluppare e realizzare una vera
relazione ed un profondo contatto interiore con il bambino, necessari per
conoscere le ricchezze nascoste nella sua anima; ciò inoltre rende difficile
ogni forma di cura, di terapia e di educazione.
Per questo è opportuno cominciare a diventare quanto prima consapevoli che la
relazione genitore-figlio, se vissuta nella sua pienezza sul piano interiore,
è sia simmetrica che complementare, in quanto il figlio, fin dal
concepimento, non ha ne più e ne meno lo stesso valore del genitore. E come
lui è dotato, per riferirci a una visione tradizionale dell'uomo, di un corpo
(presente in forma di germe, embrione o feto), di un'anima e di uno spirito,
anche se parte da una condizione della vita completamente diversa. Il
concepito ha tutto ciò che gli serve per partecipare attivamente al processo
creativo fra esseri umani, dato dal rapporto dinamico tra due soggetti capaci
di farsi presenti uno all'altro attraverso un dialogo globale fatto di
continue proposte e controproposte. La relazione da persona a persona,
caratterizzata da una posizione di pari livello e valore, ne rende possibile
lo scambio, la comunicazione circolare e la capacità di unione nell'amore.
Ciò diviene possibile solo se l'adulto è in grado di spogliarsi di tutti i
suoi ruoli, di tutti i suoi titoli e di tutti i meriti che ha acquisito nel
corso del tempo: questo gli consente di poter esprimere la parte più
essenziale e vitale di sé, per en trare in contatto e sintonizzarsi con il
bambino. Potremmo meglio dire che l'adulto, se vuole entrare in una relazione
vera e autentica con il bambino, è chiamato a mettere da parte la sua
cultura, il suo potere e ciò che appare all'esterno, per ritrovarsi ad essere
quello che veramente è: un centro attraverso il quale la vita si manifesta.
Non è possibile delegare ad altri questo dialogo così intimo e personale che
il genitore può avere con il figlio (se non in presenza di precise garanzie),
pena lo scadimento sul piano qualitativo della relazione. Oggi questo avviene
frequentemente, purtroppo, perché il più delle volte i genitori arrivano
all'appuntamento con il figlio impreparati: durante la gestazione delegano
quindi questa possibilità al personale medico, poi nell'infanzia alle
baby-sitter ed in seguito agli insegnanti.
L'importanza della relazione personale che l'adulto può avere con il bambino
è ben sottolineata nei Vangeli, quando si afferma senza equivoci il senso e
valore del bambino (Mat 18, 3): "In verità vi dico: se non vi
convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei
Cieli". Questo indica chiaramente l'obiettivo verso il quale l'adulto,
una volta maturo ed inserito a pieno titolo nella società, dovrebbe tendere
per poter esprimere il suo valore e la sua ricchezza e per vivere la pienezza
della relazione e dell'esistenza, in quanto il bambino è spontaneità, è
attività, è semplicità, è gioia,
La relazione autentica non può che favorire nell'adulto il contatto con se
stesso e con la profondità del proprio essere, aprendolo alla prospettiva
della crescita e del legame, con il bambino e con tutti gli altri esseri.
Riuscire a spogliarsi delle proprie apparenze e riconoscere l'altro quale
persona dotata di una sua libertà decisionale significa manifestare un
rispetto autentico per quello che egli realmente è, molto diverso da come in
genere appare.
La pratica della grammatica dell'amore richiede che ci si rivolga al bambino
come a un essere consapevole capace di raccogliere informazioni, sensazioni,
sentimenti e di elaborare una sua risposta.
Sarebbe inoltre utile affrontare sempre le richieste illustrandole, chiedendo
"per favore" ed esprimendo un "grazie" alla risposta.
Questo chiaramente se si tratta di una situazione di normalità, non
caratterizzata dal pericolo di vita di cui il bambino può essere inconsapevole.
Ciò che riguarda la relazione genitore e figlio vale anche per la relazione
di coppia, tra fidanzato e fidanzata o marito e moglie, essendo anche queste
delle relazioni eminentemente interiori, fondate sulla simmetria e
complementarietà. Se guardiamo oltre abbiamo modo di vedere che la crisi
della famiglia attuale, altro non è che la manifestazione della crisi di
relazioni fra esseri umani: il più delle volte fragili e superficiali, e
improntate quasi elusivamente all'avere, dove l'altro viene trattato come un
oggetto, come merce di scambio. Quando per qualche motivo il cuore viene
chiuso, contratto o appiattito, viene meno la capacità di amare, di scorgere
e riconoscere nell'altro il suo valore, la sua parte positiva, quella vitale
e vera: viene intravvista invece la sua ombra, fatta di limiti e difficoltà,
perché ha il torto di non rispondere ai nostri bisogni ed esigenze. Quante
volte il fidanzato o la fidanzata, il marito o la moglie si lamentano con il
coniuge, perche lo credeva diverso da come è in realtà e diverso da come se
lo aspettava. Poche coppie e poche famiglie sono consapevoli dei danni
prodotti dall'approccio critico e negativo nei confronti dell'altro, che a
sua volta risponde difendendo si e innestando una dinamica conflittuale che,
se non adeguatamente affrontata, può con il tempo degenerare e far naufragare
la relazione.
Questo stesso discorso può essere esteso ai rapporti che si sviluppano
all'interno della società, caratterizzata da un'organizzazione in classi
sociali fra loro sempre più diseguali, dove i ricchi tendono a diventare
sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; società nella quale le
relazioni tendono ad assumere un carattere patologico e a diventare fonte di
disordine e malattia.
Alla Chiesa spetta il compito di difendere la vita, intesa come un dono
avvolto nel mistero, dal suo inizio fino alla morte naturale, ma anche di
praticare a tutti i livelli delle relazioni autentiche, fraterne e di
qualità, come ci ha insegnato Gesù. Nel Vangelo di Giovanni (Gv 13,35) è
scritto: "Vi riconosceranno da come vi amerete" ed è da questa
constatazione che dovremmo partire se vogliamo concretamente realizzare in
prospettiva, qui, fra noi, sulla Terra, la Civiltà dell'Amore.
Presidente del MpV "Dario Casadei" di Conegliano
|