domenica 26 maggio 2013

IL CONCEPITO, ESSERE UMANO di Gino Soldera






Di tutte le fasi del ciclo di vita di un essere umano la fase prenatale è la meno considerata.
Il concepito, che non ha voce, è ritenuto ultimo degli ultimi al punto che l'essere umano adulto si è arrogato il diritto di fare di lui ciò che desidera, vedi legge sull'aborto.
Non ci si rende conto che la fase prenatale è la più importante della vita che un essere umano attraversa, perché è determinante per la sua formazione e perché da questa dipendono tutte le fasi successive.
Il concepito deve cominciare ad essere considerato un essere umano a tutti gli effetti: non è un oggetto, ma un soggetto di esperienza. E' dotato di un Io personale, unico, originale e irripetibile, prodotto dall'incontro tra l'Io maschile (lo spermatozoo) con l'Io femminile (l'ovulo). L' Io personale, costituito dalla struttura psicogenetica individuale (genoma), rende il concepito in grado di condizionare la sua crescita ed suo sviluppo, essendo capace di auto-evolversi e di auto- modificarsi, oltre che di relazionarsi ed interagire, in particolare con l'ambiente materno, sia esso fisico (biochimico e metabolico) che psicologico ed esistenziale. Questo Io personale è dotato di un progetto di vita, che è come una bussola interiore che orienta il presente e futuro dell'esistenza.
Il concepito non è un essere passivo, come si potrebbe erroneamente pensare, ma è sensibile e attivo verso l'ambiente nel quale vive, in quanto in lui è presente la capacità di dare e ricevere, di accettare e rifiutare, quindi di amare e di odiare.
Se i genitori si aprissero al figlio a partire dal momento del concepimento infatti, potrebbero sentire interiormente da subito le sue caratteristiche personali e le influenze che esercita nella loro vita. Queste infatti possono agevolare oppure ostacolare il loro cammino, allo stesso modo in cui i genitori influenzano la sua crescita.
Dice J.K. Lavater (1741-1801):
"Se una donna potesse descrivere nel dettaglio tutti gli stati immaginativi che attraversano la sua anima nel corso della gravidanza ella potrebbe forse in parte prevedere a quale destino filosofico, morale e intellettivo va incontro suo figlio."
A partire dal concepimento, la presenza del figlio nei genitori è così viva da non poter rimanere insensibili o indifferenti ai suoi richiami e bisogni anzi, ad una certo punto sono chiamati in modo esplicito a fare i conti con la sua realtà, ed è questa una delle grandi sfide della vita.
Dall'atteggiamento dei genitori (ed in particolare della madre) dipende il futuro del figlio: i genitori infatti non gli forniscono solo il nutrimento per crescere o l'ambiente d'esperienza, ma anche la possibilità d'intesa e di collaborazione per il raggiungimento di obiettivi e mete comuni.
Dall'epigenetica, una nuova disciplina nata dalla genetica, sappiamo che nelle prime fasi della vita il concepito riceve dei continui imprinting, dati dai comportamenti, dalle emozioni, dai pensieri e dai valori vissuti dai suoi genitori, capaci di condizionare il corso della sua esistenza. I buoni imprinting aiuteranno il figlio a vivere bene e ad affrontare la vita con serenità, mentre quelli negativi saranno da ostacolo e potranno creare delle serie difficoltà. L'imprinting evidenzia una modalità di relazione caratterizzata dall'asimmetria, dove il ruolo attivo è esercitato dall'adulto e quello passivo dal bambino. Tale asimmetria, se praticata in modo continuo a senso unico accresce l'isolamento e la negatività, sia nel bambino che nell'adulto. Questo tipo di relazione è praticata da molti genitori e insegnanti che, data loro condizione di adulti, sentendosi superiori si esercitano a criticare i bambini, perché ; partono dall'idea che il rilevare e il mettere in evidenza i loro limiti costituisca un grande pregio per la loro educazione. In realtà essi, per vari motivi, si lamentano dei bambini perché nel fondo del loro cuore non riescono ad accettarli così come sono: li vorrebbero diversi e rispondenti alle loro esigenze ed aspettative. In questo caso viene preclusa ogni possibilità di sviluppare e realizzare una vera relazione ed un profondo contatto interiore con il bambino, necessari per conoscere le ricchezze nascoste nella sua anima; ciò inoltre rende difficile ogni forma di cura, di terapia e di educazione.
Per questo è opportuno cominciare a diventare quanto prima consapevoli che la relazione genitore-figlio, se vissuta nella sua pienezza sul piano interiore, è sia simmetrica che complementare, in quanto il figlio, fin dal concepimento, non ha ne più e ne meno lo stesso valore del genitore. E come lui è dotato, per riferirci a una visione tradizionale dell'uomo, di un corpo (presente in forma di germe, embrione o feto), di un'anima e di uno spirito, anche se parte da una condizione della vita completamente diversa. Il concepito ha tutto ciò che gli serve per partecipare attivamente al processo creativo fra esseri umani, dato dal rapporto dinamico tra due soggetti capaci di farsi presenti uno all'altro attraverso un dialogo globale fatto di continue proposte e controproposte. La relazione da persona a persona, caratterizzata da una posizione di pari livello e valore, ne rende possibile lo scambio, la comunicazione circolare e la capacità di unione nell'amore. Ciò diviene possibile solo se l'adulto è in grado di spogliarsi di tutti i suoi ruoli, di tutti i suoi titoli e di tutti i meriti che ha acquisito nel corso del tempo: questo gli consente di poter esprimere la parte più essenziale e vitale di sé, per en trare in contatto e sintonizzarsi con il bambino. Potremmo meglio dire che l'adulto, se vuole entrare in una relazione vera e autentica con il bambino, è chiamato a mettere da parte la sua cultura, il suo potere e ciò che appare all'esterno, per ritrovarsi ad essere quello che veramente è: un centro attraverso il quale la vita si manifesta.
Non è possibile delegare ad altri questo dialogo così intimo e personale che il genitore può avere con il figlio (se non in presenza di precise garanzie), pena lo scadimento sul piano qualitativo della relazione. Oggi questo avviene frequentemente, purtroppo, perché il più delle volte i genitori arrivano all'appuntamento con il figlio impreparati: durante la gestazione delegano quindi questa possibilità al personale medico, poi nell'infanzia alle baby-sitter ed in seguito agli insegnanti.
L'importanza della relazione personale che l'adulto può avere con il bambino è ben sottolineata nei Vangeli, quando si afferma senza equivoci il senso e valore del bambino (Mat 18, 3): "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli". Questo indica chiaramente l'obiettivo verso il quale l'adulto, una volta maturo ed inserito a pieno titolo nella società, dovrebbe tendere per poter esprimere il suo valore e la sua ricchezza e per vivere la pienezza della relazione e dell'esistenza, in quanto il bambino è spontaneità, è attività, è semplicità, è gioia,
La relazione autentica non può che favorire nell'adulto il contatto con se stesso e con la profondità del proprio essere, aprendolo alla prospettiva della crescita e del legame, con il bambino e con tutti gli altri esseri.
Riuscire a spogliarsi delle proprie apparenze e riconoscere l'altro quale persona dotata di una sua libertà decisionale significa manifestare un rispetto autentico per quello che egli realmente è, molto diverso da come in genere appare.
La pratica della grammatica dell'amore richiede che ci si rivolga al bambino come a un essere consapevole capace di raccogliere informazioni, sensazioni, sentimenti e di elaborare una sua risposta.
Sarebbe inoltre utile affrontare sempre le richieste illustrandole, chiedendo "per favore" ed esprimendo un "grazie" alla risposta. Questo chiaramente se si tratta di una situazione di normalità, non caratterizzata dal pericolo di vita di cui il bambino può essere inconsapevole.
Ciò che riguarda la relazione genitore e figlio vale anche per la relazione di coppia, tra fidanzato e fidanzata o marito e moglie, essendo anche queste delle relazioni eminentemente interiori, fondate sulla simmetria e complementarietà. Se guardiamo oltre abbiamo modo di vedere che la crisi della famiglia attuale, altro non è che la manifestazione della crisi di relazioni fra esseri umani: il più delle volte fragili e superficiali, e improntate quasi elusivamente all'avere, dove l'altro viene trattato come un oggetto, come merce di scambio. Quando per qualche motivo il cuore viene chiuso, contratto o appiattito, viene meno la capacità di amare, di scorgere e riconoscere nell'altro il suo valore, la sua parte positiva, quella vitale e vera: viene intravvista invece la sua ombra, fatta di limiti e difficoltà, perché ha il torto di non rispondere ai nostri bisogni ed esigenze. Quante volte il fidanzato o la fidanzata, il marito o la moglie si lamentano con il coniuge, perche lo credeva diverso da come è in realtà e diverso da come se lo aspettava. Poche coppie e poche famiglie sono consapevoli dei danni prodotti dall'approccio critico e negativo nei confronti dell'altro, che a sua volta risponde difendendo si e innestando una dinamica conflittuale che, se non adeguatamente affrontata, può con il tempo degenerare e far naufragare la relazione.
Questo stesso discorso può essere esteso ai rapporti che si sviluppano all'interno della società, caratterizzata da un'organizzazione in classi sociali fra loro sempre più diseguali, dove i ricchi tendono a diventare sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; società nella quale le relazioni tendono ad assumere un carattere patologico e a diventare fonte di disordine e malattia.
Alla Chiesa spetta il compito di difendere la vita, intesa come un dono avvolto nel mistero, dal suo inizio fino alla morte naturale, ma anche di praticare a tutti i livelli delle relazioni autentiche, fraterne e di qualità, come ci ha insegnato Gesù. Nel Vangelo di Giovanni (Gv 13,35) è scritto: "Vi riconosceranno da come vi amerete" ed è da questa constatazione che dovremmo partire se vogliamo concretamente realizzare in prospettiva, qui, fra noi, sulla Terra, la Civiltà dell'Amore.

Presidente del MpV "Dario Casadei" di Conegliano

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